MJL #7 - (Monthly Learning Journal)

Un bel Monthly Learning Journal, direi piuttosto denso di chicche.

Le ferie invernali sono state un toccasana per riprendere in mano alcune letture, procedere con piccoli progetti e continuare ad esplorare il mondo come tanto mi piace fare.

Sono particolarmente soddisfatto dei primi passi intrapresi nel mondo dei Podcast. Ho infatti pubblicato un secondo episodio di Carezze Rodariane, che mi piace per come vuole proporsi: una vera e propria carezza colorata di fantasia da scartare come se fosse un cioccolatino di tanto in tanto. Gli audiolibri sono una gran bella invenzione, anches se non pizzicano particolarmente le corde del mio interesse. Mi piace sentire il profumo della carta e scarrabocchiare sulle pagine gli appunti e le note sui margini, quindi non credo cederò alla tentazione di ascoltarne. Ma per elaborati corti, densi di suggerimenti ed immagini, credo possa essere un ottimo strumento. E quindi continuerò di tanto in tanto a leggere davanti al microfono filastrocche o favolette di Gianni Rodari. Senza dubbio devo lavorare sull'audio-editing e sull'interpretazione; sono convinto che con il tempo maturerò esperienza.

Ho poi pubblicato la prima intervista, e mi sono proprio divertito. Ho avuto modo di "ospitare" Mattia, un mio amico appassionato di economia personale e che negli anni ha approfondito il tema degli  investimenti. Ho cercato di creare un podcast che possa offrire un'infarinatura generale dei principi base per una gestione oculata dei propri risparmi; pochi concetti ma chiari e ben fruibili. Desidero migliorare il format, vediamo cosa riesco a partorire nei prossimi incontri.
Non avranno una cadenza programmata, esattamente come i miei articoli, ma quando sarà il momento e i tempi saranno maturi (così come il contenuto), ecco che spunterà fuori un altro germoglio su Gate67.

Bene, ora il trailer di questo ultimo mese. Ciak, azione.


Tutto quello che devi sapere sul telescopio spaziale James Webb - AMEDEO BALBI (7/10)

Neanche a farlo apposta, nell'ultimo MJL pubblicato avevo accennato al telescopio spaziale James Webb, da poco lanciato nello spazio per sostituire ed allargare il ventaglio di potenzialità del celebre collega Hubble. Il provvidenziale Amedeo Balbi non può sottrarsi dal produrre contenuti di altissima qualità, e con una puntualità sorprendente. In questo video riassume e spiega la missione JWST con chiarezza cristallina.


Benefits of a daily diary and topic journals - Derek Sivers (8/10)


Non ricordo con esattezza come mi sono imbattuto in questo articolo, anche se avevo già sentito parlare di Derek Sivers. In ogni caso la lettura di questo corto elaborato mi ha riaperto un file che era ridotto ad icona da un po' di tempo: l'annosa questione del scrivere un diario.

Quando avevo approfondito il tema del digital gardening, ero stato tangenzialmente incuriosito dalla possibilità di cominciare a scrivere su un diario personale giorno dopo giorno, ma questa opzione non si è realmente concretizzata, nemmeno a livello digitale. Il diario può essere elaborato anche con i software per PKMS (personal knowledge management system) come Remnote, Obsidian, Notion e compagnia. Avevo provato mesi fa a scrivere ogni giorno alcune impressioni o a rispondere a specifici quesiti da me scelti - ad esempio, per cosa essere grati o persone incontrate oggi - ma ho avuto la costanza necessaria per una impresa di questo calibro.

Riconosco l'estrema utilità che un diario personale può offrire e sono conscio che è un progetto a lungo termine, i cui frutti sono da aspettare con pazienza.
Derek Sivers riprende le principali raccomandazioni per un daily journal, e mi ha regalato spunti interessanti, che condivido e alcuni dei quali mi aiutano a proseguire con l'esperimento di questo blog.

Su tutti Derek ritiene che la scrittura di pensieri giorno dopo giorno sia una forma alternativa di meditazione o di yoga, che aiuti alla riflessione, all'apprendimento e alla decantazione delle nuove competenze. Sono in piena sintonia.

We so often make big decisions in life based on predictions of how we think we’ll feel in the future, or what we’ll want. Your past self is your best indicator of how you actually felt in similar situations. So it helps to have an accurate picture of your past.
You can’t trust distant memories, but you can trust your daily diary. It’s the best indicator to your future self (and maybe descendants) of what was really going on in your life at this time.

E' proprio così, accidenti! Non è saggio affidarci ai ricordi per indirizzare le scelte future; meglio invece dare fiducia alla forma più oggettiva di noi stessi, ovvero la nostra elaborazione scritta. I ricordi infatti sono sempre ingannati dalle emozioni che proviamo nel momento in cui i primi riaffiorano nella mente.

Continua poi suggerendo una forma alternativa di diario, quello che lui chiama Thoughts On. In sostanza predispone il proprio taccuino in modo tale da prevedere slot/pagine dedicate a temi specifici ai quali pensa spesso ed le aggiorna puntalmente ogni volta che ritiene ci siano evoluzioni. Questo gli permette di valutare come nel tempo un pensiero cambia forma: davvero interessante, mi piace!

I find it so useful to keep my thoughts on each subject together, because I can see my past thoughts and current thoughts in one place. I can see how my thoughts on this subject have evolved or keep repeating. Sometimes I think I have a new thought on a subject, so I open up the file and write it down, then afterwards I see I had that same thought a year ago and had forgotten about it. If you care about your thoughts, keep them.


Il paradosso di Cristoforo Colombo - Roberto Mercadini (9/10)


Un video molto interessante, come solitamente fa Mercadini, partendo da lontano  e prendendo in prestito storie realmente accadute per aiutarci a capire cosa intende.
Un video che invita a ricercare il bello delle persone, e non a riversare in queste le aspettative che abbiamo nei loro confronti.  


L’America è a corto di nuove idee? - Il Post (10/10)

In questo mese mi sono addentrato in un mondo alquanto interessante ma che continuamente schiudeva altri mondi. In pratica sono ancora dentro questo labirinto.
Mi sono imbattuto in un articolo davvero ben fatto pubblicato sul Il Post, in cui vengono riprese e rese organiche alcune teorie economiche che cominciano a diffondersi a livello accademico.
La tesi di questo articolo, supportato da diverse fonti che ancora sto - faticosamente - sondando è la seguente: l'America, per riflesso il mondo occidentale, non sta evolvendo allo stesso tasso con cui lo ha fatto nel secolo precedente. Il mondo che conosciamo, quello che ha nella percezione comune ha innovato per decenni e ci ha portati alla condizione attuale, sta rallentando.

Estramente interessante.

«Immaginate di andare a dormire nel 1875 a New York e di svegliarvi 25 anni dopo», pone Thompson come esempio. Chiuderemmo gli occhi in un tempo in cui non c’era illuminazione elettrica né auto per strada, e con pochissimi telefoni in circolazione. Niente Coca-Cola, niente scarpe sneakers, niente basket né aspirina. E l’edificio più alto a Manhattan sarebbe una chiesa. Al risveglio, troveremmo grattacieli, automobili alimentate da motori a combustione, persone che vanno in bicicletta, scarpe con suola in gomma e molti altri prodotti e invenzioni. E «mentre dormivate, Thomas Edison ha svelato la sua famosa lampadina e ha già elettrificato alcune parti di New York».

Oggigiorno manca in sostanza originalità. Nei primi decenni di questo secolo la spinta esplorativa dell'essere umano era talmente frenetica da portare a scoperte tecnologiche rivoluzionare e che avrebbero in poco anni sconvolto la realtà di tutti, la vita di ognuno. La mancanza di originalità, secondo questa tesi, non riguarderebbe tuttavia soltanto lo sviluppo scientifico, ma anche il mondo delle arti e delle istituzioni. Ad esempio - e gli ultimi anni sono letteralmente evidenti - il cinema ha riversato fiumi di denaro nella produzione di spin-off, remake, sequel, prequel di film già usciti secoli fa; le produzioni ex-novo possiamo - esagero - contarle sulle dita di una mano.

Le motivazioni  possono essere diverse. Senza ombra di dubbio alcuni settori sono stati passo dopo passo sempre più regolamentati e la morsa della burocrazia/regolamentazione ha frenato i voli pindarici del nostro ingegno. All'inizio del 1900 avevamo un'impostazione normativa ben più snella e secca di quella che possiamo "vantare" oggi. E' una medaglia a doppia faccia: impregnare un settore di norme ha il duplice effetto di mettere al riparo la popolazione comune da azioni irresponsabili e dannose (qualsiasi esse siano) e, al contempo, di disincentivare le fughe geniali che permettono passi importanti nell'evoluzione.
Un'altra plausibile spiegazione risiede nella richiesta di approvazione del mondo occidentale: la maggior parte dei lavori accademici oggigiorno vive di quantità e non di qualità (il CV di un ricercatore si nutre in particolar modo di quanti papers e articoli vengono pubblicati, non del contenuto in sè) e gli addetti al settore - lavoratori pure loro che non possono sottrarsi alle logiche del momento - sentono forte la spinta ad uniformarsi a correnti di pensiero e di ricerca che fanno trend in ambito accademico, proprio per avere più chance di essere pubblicati ed arricchire il proprio CV.
A tal proposito ripropongo l'articolo di Lawrence Yeo Make Classics, Not Content.

Ancora, internet potrebbe avere un ruolo determinante nell'amplificare l'effetto globalizzazione dei contenuti e delle mode. La possibilità di avere istantaneo e diretto accesso alle opinioni degli utenti e di riflesso aggiustare i contenuti comporta la graduale tendenza ad uniformarsi in grandi correnti di stili e prodotti. Per riassumere: creo e pubblico quello che già so va di moda ora.

Il mondo è un grande panopticon [una struttura carceraria in cui è possibile osservare tutte le ali dallo stesso punto, ndt] e non comprendiamo appieno le implicazioni della costruzione di un mercato planetario dell’attenzione in cui tutto ciò che facciamo ha un pubblico. Il nostro lavoro, le nostre opinioni, i nostri traguardi e le nostre sottili preferenze vengono regolarmente sottoposte all’approvazione pubblica online. Forse questo rende la cultura più imitativa. Se vuoi produrre cose popolari e puoi facilmente capire da Internet cosa è già popolare, è semplicemente più probabile che tu produca più di quella cosa. Questa pressione mimetica fa parte della natura umana. Ma forse Internet potenzia questa caratteristica e, nel processo, rende le persone più riluttanti a condividere idee che non siano già state pre-approvate in modo dimostrabile, il che riduce le novità in molti ambiti.

Saremmo quindi nel mondo dell'incrementalismo. Piccoli passi, sulla scia di quanto fatto precedentemente, senza scostarsi troppo dal seminato per non dispiacere nessuno, e soprattutto senza la convinzione di avere sconvolgenti risvolti nella vita delle persone.

Una riflessione davvero profonda e interessante, senza ombra di dubbio. A tal punto che mi sono messo allo studio di uno degli articoli di ricerca citati, Are ideas getting harder to find?: mi sono armato di pazienza certosina e un passo alla volta lo sto scomponendo in bocconi più comprensibili per chi non è addetto ai lavori e non mastica l'economia accademica. La parte introduttiva ad ora è molto interessante; mi sono arenato invece sulla serie di formule che non riesco a cogliere pienamente per deficit universitari personali. Spero di arrivarci in fondo.


Why You Should Stop Reading News - Farnam Street (8/10)

Anche in questo Montlhy Learning Journal c'è una consecutio di argomenti che ha un propria logica.
Se da una parte mancano le idee che scoperchiano la vita quotidiana e capaci di imprimere una sterzata al nostro futuro, dall'altra parte siamo immersi in un oceano di informazioni non informative. L'articolo di FS (Farnam Street) prova a spiegare per quale motivo sarebbe meglio dosare con  cautela l'accesso ai canali di informazioni oggigiorno.

La tendenza comune è quella di spendere un buona parte del proprio tempo cercando di essere aggiornato con ultimi accadimenti del mondo, pur non traendone alcun vero vantaggio concreto. La possibilità, poi, di consultare le informazioni direttamente dal palmo della propria mano rende tutto ancora più compulsivo, proprio come una sigaretta nel tempo morto.

Non è l'atto di informarsi a essere sbagliato, anzi. E' invece la frequenza con la quale lo facciamo e il materiale a cui accediamo.
Nell'ultimo secolo, e nell'ultimo ventennio in particolare (internet ha qualche responsabilità forse?) il costo di produzione di articoli è drasticamente calato, per un aumento della manodopera (giornalisti) e per l'avvento di tecnologie che hanno abbattuto le varie spese, tra cui quelle di distribuzione delle notizie.
Si sono anche ridotti i margini di guadagno degli editori, che per sopperire alle mancanze gradualmente hanno fatto spazio agli investimenti privati di vari sponsor. La loro moneta di scambio è evidente: soldi per visibilità che faccia da pubblicità. Più uno sponsor compare su un determinato portale di informazioni, più questo pagherà per questa presenza direttamente l'editore.

E quindi è sempre il trionfo della quantità sulla qualità. Produrre tanto - a scapito del contenuto - per comparire molto, ed essere sempre sulla cresta dell'onda, quando non sussiste reale necessità.

Diventa necessario pertanto contrastare il rumore informativo in cui siamo immersi, cercare di distinguere il blip sul radar delle notizie e di intravvedere un segnale in mezzo alla confusione. Informiamoci meglio, e meno. Selezioniamo con cura le risorse, e non prosciughiamole inutilmente: essere aggiornati una/due volte al giorno è già sufficiente.

Dobbiamo ancora più prestare attenzione all'umano terrore (evoluzionistico) di perdersi qualche pezzo per strada - lo spirito dell'ominide raccoglitore che urla dentro di noi. E' la FOMO (fear of missing out) dell'informazione. Siamo vittime di un bias cognitivo, il quale ci spinge a credere che più siamo informati più guadagnamo potere e senso del controllo. E' un ragionamento che può avere qualche vaga validità a patto che si selezioni con cura quello che si legge e studia. E selezionare richiede sempre una scelta, e quando di sceglie si esclude inevitabilmente qualcosa.

“What information consumes is rather obvious: it consumes the attention of its recipients. Hence a wealth of information creates a poverty of attention, and a need to allocate that attention efficiently among the overabundance of information sources that might consume it.”
— Herbert Simon

Il mare di informazioni in cui rischiamo di annegare ora infine ha il difetto di prosciugare la nostra attenzione, perchè la parcelizza, la infrange contro miriadi di fonti (inconsistenti) , e finiamo quindi con capire poco o nulla di tutto, o di niente.

Se volessimo fare una sana cura detossificante, si potrebbe provare il suggerimento di Nassim Taleb:


“To be completely cured of newspapers, spend a year reading the previous week’s newspapers.”
— Nassim Taleb

Concludo ripetendo: meglio e meno. Non zero e male.


The Focus to Say No - Farnam Street (6/10)

Ni. Interessante lo spunto di questo articolo, ma è da prendere con le pinze. Negarsi a qualcuno può portare a grandi benefici o a spiacevoli conseguenze.

Credo piuttosto sia strategico ragionare in termini di conseguenze di primo, secondo e terzo ordine, ovvero cercare di prevedere quali risultati più o meno probabili possono determinare le nostre scelte, e quindi i nostri "sì" e i nostri "no".
Io provo a sempre a implementare queste previsioni nei miei ragionamenti.


Can you outsmart the slippery slope fallacy? - Elizabeth Cox (9/10)

Un video davvero ben fatto che spiega con semplicità una delle più importanti fallacie cognitive, ovvero la Slippery Slope Fallacy, in italiano traducibile con Fallacia della Discesa scivolosa, che in sostanza ci porta a trarre conclusioni senza passaggi logici e statisticamente validi.

Un video da vedere. Punto.


Why Do We Work Too Much? - Cal Newport (7/10)

Un interessante articolo di Cal Newport sul The New Yorker, che affronta il tema della morte da eccessivo lavoro, fenomeno per il quale i Giapponesi hanno coniato un termine apposito, karoshi. In Giappone sta diventando una vera e propria piaga sociale.
L'eccessivo lavoro, specialmente in un periodo storico come quello attuale dove, per via dello smart working, l'ufficio può combaciare con la propria residenza, ha l'inevitabile conseguenza di aumentare notevolmente lo stress psicofisico, con risultati alquanto deleteri.

E' necessaria una saggia e sapiente gestione del proprio tempo e del proprio lavoro, in particolar modo se si parla di liberi professionisti in cui la gestione è completamente autonoma: in questi casi aumenta consideravolmente il rischio di soccombere alla falsa percezione di avere tutto sotto controllo quando la realtà è esattamente il contrario. Secondo Cal Newport siamo infatti tentati - e quasi sempre cadiamo nella trappola - di lavorare un 20% in più di quanto realmente dovremmo, in termini di energie e di tempo dedicato. E' un 20% assassino, che nel silenzio ci logora fino a conseguenze estreme.

La pandemia deve essere il trampolino per una riflessione più ampia sul mondo del lavoro, e sulla gestione dei tempi da dedicarvi. Bisogna educare ad una vita pulita, anche nell'arduo compito di amministrare con saggezza le proprie forze, i propri doeri e i propri tempi.

Teniamo bene a mente la Legge di Parkinson: il lavoro si espande in modo tale da riempire interamente il tempo messo a disposizione per il suo completamento.

The problem with the stress heuristic is that it doesn’t start reducing your workload until you already have too much to do. Like Parkinson’s naval bureaucracy, which expanded at a regular rate regardless of the size of the Navy, this stress-based self-regulation scheme insures that you remain moderately overloaded regardless of how much work is actually pressing.

In cantiere...

Sto ancora finendo il libro della guida TED Talk sul Publick Speaking. Non riesco a trovare la calma giusta per dare lo strappo finale e chiuderlo defintivamente. E' un libro simpatico, anche se in inglese la lettura scorre senza intoppi; ahimè lo sto spezzettando troppo e quindi non riesco a portarlo a termine. Farò in modo di arrivarci in fondo.

Ho in cantiere altre puntate dei miei podcast, sia con le Carezze Rodariane sia con le chiacchierate in compagnia di un qualche ospite.

Mi sono stati regalati una buona quantità di libri che sono sulla libreria e mi chiamano. Conto di rispondere Presente in tempi utili. Ho comprato anche due libri di Mercadini, che non vedo l'ora di sfogliare.

Il CMS di Ghost e i suoi plugin non mi permettono di mandare agevolmente le newsletter ai pochi e preziosi lettori di questo blog per informarli di nuovi articoli. Sono alla ricerca di una soluzione alternativa. Pensare ad un canale Telegram? Non saprei, devo approfondire il tema.

Se ti sembra interessante quello che scrivo o condivido, lascia una traccia del tuo passaggio qui commentando i miei post. Fare pensiero insieme ad altre persone è un'opportunità preziosa, cogliamola insieme!