Taccuino per fantasticare
Un Bignami del Bignami
Pochi mesi fa ho letto "Grammatica della Fantasia" di Gianni Rodari, un libro in cui l'autore ripercorre la maggior parte dei suoi interventi nelle scuole di Reggio Emilia nel marzo '72 e li condensa in una sorta di guida alla fantasia.
Il poeta decide di evidenziare qualche trucco e qualche scappatoia per aiutare il nostro pensiero razionale a liberarsi delle catene grigie della monotonia, così da riuscire a produrre qualche colorato gioco di parole che stuzzichi la nostra immaginazione e creatività. Sono tutti spunti sicuramente di inestimabile valore - considerando l'esperienza e il valore di chi li ha raccolti - che inevitabilmente devono poi essere declinati nel modo di vivere la realtà di ciascuno di noi.
Chiaramente non può definirsi l'opera ultima sul tema - non mi sono impegnato a cercarne altre a dire la verità - ma può essere un ottimo punto di partenza.
Ho deciso di ispirarmi ai book notes di Nat Eliason e di rielaborare una sorta di riassunto del libro, prima di tutto per rispolverare quanto letto e riportarlo in superficie nella mia memoria, e in secondo luogo per diffondere i principali concetti, nel caso qualcuno ne sia interessato.
Un taccuino per uscire dagli schemi.
"Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare" - Novalis, Frammenti
La materia fantastica non è propria esclusivamente del linguaggio scritto, o meglio non è da applicarsi solo durante la creazione di filastrocche e favolette. Può - anzi deve - immergersi in tutti gli esistenti linguaggi, le tecniche sono spendibili in innumerevoli modi. Rapida divagazione: questa constatazione immediatamente riporta la mia mente all'improvvisazione teatrale, nella quale mi sono imbattuto anni fa e che sempre mi ha affascinato. Il desiderio di creare fuori dagli schemi e senza remore di offendere chissà quale ordine costituito accomuna sia le favole sia il mondo del teatro, specialmente quello in cui si crea in modo estemporaneo, senza dover fare labor limae. Gli improvvis-attori, ad un tema e ad uno stile di recitazione, mettono in scena accostamenti improbabili e storie ardite, giocano con i doppi sensi e con la mimica caricaturizzata, ma proprio qui sta la parte entusiasmante della fantasia: l'improbabilità dell'accostamento.
Una parola infatti, proprio come un sasso nello stagno, se gettata nella mente produce in modo variabilmente conscio/inconscio onde e reazioni a catena superficiali e profonde, che scatenano in noi collegamenti con suoni, immagini, concetti, parole, profumi, analogie che traggono energia dalle nostre vite ed esperienze. Sono le onde create da una qualsiasi parola che possono determinare accostamenti astrusi, parentele imprevedibili; tocca a noi lasciare che questi collegamenti raffiorino.
Le parole stesse, oltre a ed evocarne altre, possono fungere da serbatoio di altre parole. Prendiamo come stratagemma un termine qualsiasi e rendiamolo un acronimo, in modo tale che ne venga fuori una frase di senso più o meno compiuto. Ad esempio PENNA:
P - Pluto
E - eccedeva
N - nelle
N - numerose
A - attività
Non è granchè, certo, ma da qui a tirarci fuori qualcosa di interessante, sfruttando il nonsense - preziosissimo - è un attimo. Potrei ad esempio cominciare a dire che Pluto, lo storico amico a quattro zampe di Topolino, alla fine di uno dei fumetti decide di darsi all'imprenditoria. Che male c'è? Potrà anche lui darsi al commercio? Ha infatti abbandonato la casa doveva viveva con Topolino e ha messo su un bel giro di affari creando PlAtazon, un ecommerce dove vende di tutto, anche alberi, specialmente platani...eccetera.
La parola catalizza ulteriormente nuove reazioni fantastiche nel momento in cui si associa ad una sorella: quando un concetto è in rapporto ad un altro, qui si crea lotta, antitesi e quindi genera vita, proprio come l'unione tra uomo e donna.
Rodari chiama questo esperimento binomio fantastico, ovvero l'accostamento di due termini anche estranei tra loro, che spinge la nostra immaginazione a mettersi in moto e a scovare una relazione che funga da minimo comune denominatore, per quanto improbabile possa risultare alla fine dei conti. E' il nostro tentativo di collegare i due concetti che può portare qualcosa di buono.
La parola singola "agisce" solo quando ne incontra una seconda che la provoca, la costringe a uscire dai binari dell'abitudine, a scoprirsi nuove capacità di significare. Non c'è vita, dove non c'è lotta.
Se mettiamo dunque due parole una di fronte all'altra avremo i reagenti per una reazione chimica; il prodotto di reazione sarà ancora più esplosivo se prenderemo i termini-reagenti al di fuori del loro significato quotidiano.
Prendo due parole a caso, nuvola e tazza. Posso accostarle con una preposizione semplice o articolata e vedere cosa ne esce.
1. la nuvola nella tazza
2. la nuvola sotto la tazza
3. una tazza per la nuvola
Quindi potrei continuare:
1) ogni mattina il signor De Vater, per colazione, prepara una fumante tazza di tè caldo al sapor di anice, con la quale accompagna lentamente il suo risveglio. Ma una mattina, essendo rimasto senza bustine di tè all'anice ed essendo di fretta, mette in infusione la prima essenza che gli capita, senza nemmeno controllarne il nome. Casualmente sceglie il tè alla Posidonia, alga che popola i mari del Mediterraneo. Purtroppo per lui, il signor De Vater quella mattina ha un'appuntamento alle poste per ritirare la pensione al primo orario disponibile, quindi molto presto, e nella velocità si scorda di fare colazione. La busta con l'alga della Posidonia rimane quindi in infusione per secondi, minuti e qualche ora. Stranamente l'alga comincia fare una reazione alquanto bizzarra con l'acqua all'interno della tazza, e dalla superficie lentamente si crea uno sottile strato di vapore. Piano piano lo strato si organizza sempre più, e che ci crediate o no, mentre il signor De Vater è ancora alle poste (in fila), l'apertura della tazza è ricoperta da una nuvola. Esattamente come quelle che vediamo in cielo. E non è tutto: sembra, guardando da più vicino attraverso qualche spiraglio che si apre nel fumo, che ci sia vita laggiù. Esatto, quasi un piccolo oceano in miniatura. Non me lo spiego, ma il tè alla Posidonia ha creato vita dentro una tazza: minuscoli pescetti che guizzano fuori dall'acqua bruna, ogni tanto un piccolo uccello biancastro si fionda giù, e capita di vedere anche qualche strano spruzzo - sempre piccolo, si intende - che scappa dall'acqua. Che ci sia una qualche forma di balena al sapor di tè? In ogni caso su questo micromondo non batte quasi mai la luce del sole, perchè sulla tazza il cielo è sempre nuvoloso...
2) I sederi di tutto il mondo sono in subbuglio, anzi sono in soqquadro. Perchè? Perchè a forza di stare seduti sono diventati proprio quadri come un quadrato, e i proprietari dei sederi non ne possono più. Non riescono nemmeno a godersi i 5 minuti sacri sulla tazza del gabinetto, è un supplizio. Un inventore giapponese però se ne esce con un'idea curiosa: un ammortizzatore da applicare alla tazza del gabinetto. Tra tutti i materiali testati, solo uno supera i test di comfort: la nuvola. Così il prof. Nuw Ol Hao fa costruire diverse capannoni sulle cime delle montagne del Giappone, solo le cime che sono costantemente coperte dalle nuvole. I portoni di questi capannoni rimangono aperti fino a quando non sono pieni stracolmi di nuvola, e dopo aver richiuso l'ingresso, zac zac ogni operaio ne taglia un pezzo per farne un perfetto ammortizzatore da tazza del gabinetto. I sederi sono al sicuro ora...
3) Ci sono nuvole e nuvole, ognuna con i propri vezzi. Molte il sabato prima di cena si riuniscono vicino alle pianure per concedersi qualche bollicina in calice; altre invece preferiscono trovarsi in seconda serata, specialmente vicino ai passi di montagna, per scaldarsi il cuore con una tazza di cioccolata calda...
Non sono certamente idee brillanti, ma il gioco vale comunque la candela. Bisogna sperimentare e tentare di trovare qualche binomio che stuzzichi la nostra fantasia e, perchè no, anche quella di un possibile lettore.
Un ulteriore passaggio: per creare un binomio fantastico posso accostare nome e verbo, soggetto e predicato, soggetto ed attributo.
Dal binomio fantastico poi si può evolvere in qualcosa di quantitativamente più complesso, sperimentando il piacere di inventare: prendere in prestito una serie di parole chiave riferite ad una favola nota ed aggiungerne una completamente fuori contesto. Così metteremo alla prova la nostra capacità di assorbire l'insolito in qualcosa di ormai consolidato. Ad esempio, sfruttando la storia di Cenerentola, sceglierei fanciulla, sorrelle, matrigna, scarpetta, semaforo e cercherei di vedere dove il nonsenso mi può condurre.
Anche da una domanda può nascere qualcosa di croccante. Cosa succederebbe se...è un quesito potentissimo, che ci mette davanti a una infinità di scenari. Ne derivano ipotesi fantastiche, che possiamo condire aggiungendo alle nostre filastrocche anche personaggi più o meno noti, rendendo il tutto ancora più divertente. Cosa succederebbe se i nostri computer funzionassero a fieno? E cosa succederebbe se il mio gatto facesse l'operatore ecologico?
Cosa succederebbe se non è l'unica scintilla, tanti altri dubbi o quesiti possono solleticarci. Così come può solleticarci metterci nei panni di qualcuno o qualcosa che mai avremmo pensato prima, o ancora sforzarci di assumere un punto di vista insolito: ad esempio, cosa pensa un'autostrada durante l'esodo di ferragosto?
Rodari suggerisce di impiegare queste domande anche nel rapporto giocoso con i bambini, senza dover necessariamente sfruttarle per abbozzare delle favolette. Ne risulta un modo per accogliere il piccolo nel mondo dei grandi, dando al bambino l'opportunità di parlare di qualcosa che sicuramente gli sfugge con gli occhi dell'imprevedibilità; è importante assecondarlo, giocare con lui e non per lui, perchè l'immaginazione infantile aiuterà il bambino a crescere.
Chiedendogli "Cosa succederebbe se un giorno in tutto il mondo le auto smetessero di funzionare?" rendiamo divertente qualcosa di impegnativo, e tutto ciò che è divertente, per il bambino risulta anche utile.
Possiamo ancora prendere una parola e, come il vetro, deformarlo a piacimento. Possiamo togliere lettere o aggiugerne e scoprirne l'effetto. Ancora, possiamo aggiungere prefissi di tutti i tipi e farci stuzzicare dalle declinazioni più inedite: bis-, tris-, anti-, maxi-, micro-, mini-, giga-, iper-, nano-, dis-,a-, s- ecc. Tra tutte le proposte, questa è una di quelle che più mi ha lasciato incuriosito, per la semplicità e la potenzialità nascosta.
Numerose invenzioni e scoperte della scienza e della tecnologia sono esiti di errori o di imprevisti, quindi non ricercati volontariamente. Ecco, anche l'immaginazione può trarre frutto dagli errori e farli diventare opportunità. Ci sono illustri esempi a supporto:
Un magnifico esempio di errore creativo è quello che si trova [...] nella Cenerentola di Charles Perrault: la scarpina della quale, in origine, sarebbe dovuta essere di "vaire" (una sorta di pelliccia); e solo per una fortunata disgrazia diventò di "verre", cioè di vetro. Una scarpina di vetro è sicuramente più fantastica di una qualunque pantofoletta di pelo, e più ricca di seduzioni, anche se figlia del calembour o dell'errore di trascrizione.
Le doppie sbagliate, le somiglianze di suoni, gli errori di scrittura sono materiale prezioso: non si butta via nulla.
Una buona palestra per la nostra immaginazione affinchè si eserciti a deragliare dai binari del conformismo è quella di provare a scrivere dei limerick, un genere inglese di filastrocca che segue un'organizzazione ed una struttura codificate per versi. Nello specifico, all'interno di un limerick:
- il primo verso presenta il protagonista
- il secondo verso indica la qualità del protagonista
- il terzo ed il quarto verso presentano un predicato riferito al protagonista
- il quinto verso prevede infine un epiteto finale, tendenzialmente divertente ed insolito
La struttura di un limerick è sostanzialmente la medesima da tempo, anche se è prevista qualche leggera variazione. Infatti nel secondo verso la qualità del protagonista può essere sostituita da un oggetto che il protagonista possiede o da un'azione che compie. Il terzo ed il quarto verso invece possono prevedere la reazione di uno o più personaggi minori. Le rime, invece, devono essere rigorosamente rispettate: il primo, il secondo ed il quinto verso rimano tra loro, mentre il quarto rima con il terzo.
Mi butto e provo a fare un esempio di limerick:
Goffredo con il pantalone blu
e solo due baffi all'insù
fa il ciclista solo il venerdì
gli altri giorni gli scappa sempre la pipì
quel pannoloso Goffredo con il pantalone blu.
Il limerick può essere anche trasformato in un indovinello, nascondendo la risposta all'interno della filastrocca stessa e ponendo un quesito nell'ultimo verso, mantenendo però la rima con il primo. Ad esempio:
Il mio gatto invisibile
miagola sempre ad un orario incredibile.
Ieri ha cantato solo alle quattro:
sono io che son matto
o lo è quello strano gatto invisibile?
Le favole possono essere un prezioso modo di giocare con i bambini, di mettersi in relazione con loro. Per questi le storie hanno, incosapevolmente, un valore educativo e di esplorazione della realtà che li circonda; diventano un modo di anticipare e ridimensionare qualcosa che in poco tempo potranno sperimentare. Solitamente un bambino chiede di raccontare o leggere la stessa storia numerose volte, permettendogli di capire sempre meglio i diversi scenari che lo possono attendere; allo stesso tempo una storia narrata sempre uguale aiuta il piccolo a trovare rassicurazione, ordine.
Rodari propone di provare a cambiare le carte in gioco talvolta, sbagliando volutamente la storia, deformandola in maniera conscia, oppure rovesciando ed invertendo i ruoli tra protagonisti, antagonisti e oggetti speciali: l'obiettivo è quello di capovolgere - delicatamente - l'ordine delle cose, aiutando il bambino (o un ascoltatore qualunque) a sdrammatizzare il pericolo - l'ignoto - e ad affrontare la realtà senza eccessiva paura. Ancora, per parodizzare la realtà e tutte le storie che già sono nella nostra memoria, un buon modo è anche quello di preparare una gustosa "insalata di favole", mescolando avventure e personaggi di racconti differenti e creando qualcosa di nuovo, insolito e divertente.
Per chi invece ama particolarmente gli algoritmi e le formule, un buon modo di inventare su un canovaccio è quello di ridurre una storia celebre ai suoi meccanismi e relazioni essenziali, per poi portarla a nuovo battesimo, facendo intuire al nostro interlocutore che dietro le novità si cela qualcosa di già conosciuto. La storia di Cappuccetto Rosso posso riassumerla così:
Cappuccetto Rosso si dirige a casa della nonna. Un lupo, saputo di questa trasferta, mangia prima la nonna, poi anche la piccola Cappuccetto Rosso. Un cacciatore, scoperto il misfatto, taglia la pancia del lupo mentre questo dorme, salva la nonna e la nipotina, per poi riempire la pancia dell'animale con dei sassi. Ecc.
Posso anche riassumerla così:
A si dirige da B. Sul tragitto incontra C, che si dimostra stranamente incuriosito. C corre veloce da B prima che arrivi A, elimina B ed aspetta A, per poi eliminarlo. Lì vicino passa D, capisce cosa sta succedendo e quindi decide di salvare A e B mentre C dorme.
La formula essenziale della storia mi permette di riempire gli spazi lasciati vuoti con i colori ed i dettagli che la mia immaginazione mette sul piatto. Potrà nascerne qualcosa di simpatico che vagamente mi ricorderà la storia originale: ancora più divertente.
Un ulteriore spunto: nel restituire vita nuova ad una favola già consunta dal tempo è possibile ricorrere ad uno stratagemma già impiegato nel mondo del teatro, ovvero quello di prendere la storia e catapultarla in un'epoca storica completamente differente, ed assecondarne usi e costumi.
Pare che le favole da tutti conosciute siano ispirati ai riti di iniziazione presenti nelle società primitive, i cui protagonisti sarebbero poi diventati i personaggi delle storie. Decaduti questi riti durante l'evoluzione delle società antiche, le strutture principali dei riti sono rimasti nel tempo, e si sono progressivamente evoluti a narrazioni che la tradizione orale ha arricchito di nuovi particolari. Le fiabe sono state studiate approfonditamente dall'etnologo sovietico Vladimir Jakovlevic Propp, che ne ha individuato un nucleo primitivo comune. Nello specifico Propp - dopo uno studio analitico della materia - ha compreso che a fondamenta di tutte le fiabe vi sono sempre delle funzioni di base, ovvero elementi imprescindibili che si presentano con puntualità e con ordine codificato. Da qui sono quindi nate le 31 funzioni di Propp, che rappresentano il motore di ogni storia:
1. allontanamento
2. divieto
3. infrazione
4. investigazione
5. delazione
6. tranello
7. connivenza
8. danneggiamento (o mancanza)
9. mediazione
10. consenso dell'eroe
11. partenza dell'eroe
12. l'eroe messo alla prova dal donatore
13. reazione dell'eroe
14. fornitura mezzo magico
15. trasferimento dell'eroe
16. lotta tra eroe ed antagonista
17. l'eroe marchiato
18. vittoria sull'antagonista
19. rimozione della sciagura o mancanza iniziale
20. ritorno dell'eroe
21. sua persecuzione
22. l'eroe si salva
23. l'eroe arriva in incognito a casa
24. pretese del falso eroe
25. all'eroe è imposto un compito difficile
26. esecuzione del compito
27. riconoscimento dell'eroe
28. smascheramento del falso eroe o dell'antagonista
29. trasfigurazione dell'eroe
30. punizione dell'antagonista
31. nozze dell'eroe
L'ordine di successione è rigido, ma chiaramente le funzioni possono fondersi o aggregarsi, così come è lecito fare dei salti e introdurre delle varianti che però non contraddicano la linea principale.
Queste funzioni quindi possono essere impiegate come ingredienti indispensabili per creare ex novo una storia, condendo il tutto con i dettagli che più ci aggradano. Le funzioni possono essere anche giocate con le carte di Propp quando si è in compagnia oppure in momenti di divertimento da ritagliarsi con un bambino.
La scomposizione in funzioni può avvenire - con dinamiche differenti - anche focalizzandosi esclusivamente sui personaggi. Prendendo ad esempio il personaggio di una favola nota, è possibile scomporlo in 3 fattori primi, ovvero caratteristiche salienti che a nostro avviso possono riassumerlo. Una volta individuate ed isolate queste caratteristiche, sarà nostra facoltà estrapolarne della variazioni.
Teniamo anche presenti gli attributi e le qualità fisiche del nostro personaggio: un Pinocchio fatto di cartapesta avrà sicuramente avventure diverse da uno in legno o da uno in acciaio.
Uno degli aspetti più interessanti che La grammatica della fantasia porta a galla è la consapevolezza della moltitudine di materiale che abbiamo a disposizione se desideriamo assemblare qualche favoletta o filastrocca divertente, per noi e per gli altri. Ad esempio la nostra tradizione - come quella di ogni paese - è ricca di proverbi e modi di dire che non sempre sono di immediata comprensione e che possono stimolarci; oppure se siamo in grado di tradurre adeguatamente da lingue straniere, possiamo anche prendere in prestito da modi di dire di altri paesi.
Così non risulterà impossibile favoleggiare sul detto inglese it's raining cats and dogs (letteralmente piovono cani e gatti) o su quello italiano il mattino ha l'oro in bocca. Ma il signor Mattino se lo mangio questo oro? O non deve mai aprire bocca per evitare che i ladri glielo rubino, l'oro? E per lavarsi i denti, come fa? Allacciamoci le cinture!
Un ulteriore suggerimento - già sfruttato ampiamente nell'improvvisazione teatrale - è quello di ricorrere alla cosissazione, ovvero trasformare una persona in un oggetto, indagarne il suo utilizzo e a quali scenari questo può portare.
Non so se vi è mai capitato di andare a mangiare alla pizzeria Legna a Forno, perchè sicuramente avrete visto il signor Guglielmo che di mestiere fa la sedia. Quando il ristorante è chiuso, se ne sta sotto il tavolo, ma appena arrivano i clienti, si mette in bella mostra, piegato su sè stesso. E' comodo, le persone ci appoggiano anche i cappotti, e se due clienti vogliono avvicinarsi per parlarsi meglio, basta chiedere al signor Guglielmo di gattonare un poco più a destra o un poco più a sinistra...
Altro e altro ancora
Rodari nel suo libro, oltre a riprendere le principali tecniche per assemblare storie, prova ad addentrarsi nel mondo del gioco con i bambini, consapevole che questo rappresenta un modo privilegiato per rapportarsi con la realtà. Mi sembra sprecato evitare di parafrasare qualche suo pensiero.
Il gioco è lo strumento perfetto per un bambino per acquisire informazioni su quello che lo circonda, proprio perchè con il gioco sta indossando le lenti più a lui congeniali. E' compito di un adulto cercare di incoraggiare a giocare con la realtà, magari dando anche vita ai vari oggetti che gli stanno intorno. La fiaba, la storia, il gioco sono diverse modalità che rappresentano tutte un'utile iniziazione all'umanità, ovvero diventano il trailer di quello che potrebbe essere la sua vita. Sarà il bambino, durante il gioco, a cercare gli indizi più croccanti della realtà, e sarà sempre lui a prendere dalla fiaba ciò che gli interessa, ciò che gli serve.
Possiamo aiutarlo a dare vita ad un cucchiaio, ad un divano o un quadro, e costruire con lui una storia che lo convinca.
L'adulto non deve avere paura che questo approccio confluisca in una sorta di animismo, perchè il piccolo comprenderà autonomamente, con il tempo, cosa è reale e cosa invece fa parte della narrazione che ha elaborato, da solo o in nostra compagnia.
Al contrario l'adulto - che se si lascerà andare, si divertirà oltre ogni misura - ha il grande vantaggio di avere una consapevolezza del mondo molto più vasta in confronto al bambino. Il suo compito quindi è quello di sfruttare la propria conoscenza mettendo a disposizione del bambino nuove opportunità, nuovi oggetti, nuovi orizzonti e caratteristiche: riassumendo, il giocatore grande ed esperto asseconderà la guida del bambino e - allo stesso tempo - gli darà nuovi giocattoli da introdurre.
Non si tratta già di giocare "al posto del bambino", relegandolo nell'umiliante ruolo di spettatore. Si tratta di mettersi al suo servizio. E' lui che comanda. Si gioca "con lui", "per lui", per stimolare la sua capacità inventiva, per consegnarli nuovi strumenti che userà quando giocherà da solo, per insegnargli a giocare.
Altro modo per giocare con i piccoli è quello di impiegare le marionette o i burattini, stratagemma sempre più abbandonato nella nostra epoca. Le marionette, con i loro movimenti caricaturizzati, dialoghi corti e scenografie fantasosiose, possono divertire molto e allo stesso tempo possono fungere da ottimo mezzo di comunicazione. Cioè possiamo nascondere dietro ad un burattino più o meno comico un messaggio morale o un obiettivo che desideriamo il bambino colga. Le marionette diventeranno così dei simboli, che progressivamente verranno elaborati dal bambino attraverso il suo vissuto.
Ancora - quasi più divertente - si può creare una storia che abbia come protagonista il bambino stesso, nella quale saranno presenti cose belle e positive e non obbligatoriamente ci sarà una morale "genitoriale". Si tenga presente che è necessario fare qualche tipo di riferimento alla vita vera del bambino, così che lui si riconosca nel protagonista della storia. Sarà avvincente vederlo interessato a quali sviluppi porterà la favola.
Concludo questo articolo mettendo in pratica uno spunto di Rodari nelle pagine finali del sul libro, ovvero quello di mettere la fantasia in tutto quello che si fa.
E quindi al posto della parole FINE, chiudo con un limerick:
Se ne sta spaparanzato il Gabriello
a scrivere fesserie su di uno sgabello
fermi tutti! ha suonato il postino
sicuramente gli ha portato un nuovo Topolino
quel leggistorie del Gabriello.
Se ti sembra interessante quello che scrivo o condivido, lascia una traccia del tuo passaggio qui commentando i miei post. Fare pensiero insieme ad altre persone è un'opportunità preziosa, cogliamola insieme!